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Lavrov, nuovo cantore del “tramonto dell’Occidente”

Ci provano in molti a profetizzare la fine dell’Occidente. E sono sempre in Occidente questi cantori, altrimenti, certo, non farebbero notizia. E fa parte un po’ della civetteria di questo modulo narcisista di argomentazione. Un credersi talmente centrale dal ritenersi perduto proprio perché non ci si riconnette col proprio centro. E un centro del mondo senza il proprio focus, il proprio centro, certo, non può continuare a considerarsi il centro del mondo.

Ultimo di questi cantori è il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov. Il ministro, conosciuto nelle nostre cronache per aver detto di esser rimasto deludo dall’atteggiamento dell’Italia a sostegno militare dell’Ucraina, ha parlato on line durante il forum di Doha.

Dopo la premessa di non aver ascoltato chi ha parlato prima di lui ha detto tranquillamente: “presumo che abbiate discusso del mondo multipolare che sta emergendo dopo cinquecento anni di dominio occidentale”. La Tass (agenzia stampa di Stato russa) riporta anche: che la Russia diventata più forte. Di ciò deve ringraziare la grande mobilitazione militare del resto del mondo, quello occidentale, nei confronti dalla Russia.

Nel dettaglio: “Il risultato della guerra contro la Russia, lanciata dagli Stati Uniti per mano dell’Ucraina, è già visibile. Avete menzionato l’espansione della Nato, ma il risultato principale per noi e, tra l’altro, per altri che lo sentiranno più tardi, è che la Russia è già diventata molto più forte di quanto non fosse prima di questi eventi”.

Lavrov ha assimilato gli Stati Uniti a Napoleone Bonaparte e Hitler. Entrambi, questi due, avrebbero unito le forze accanto a loro per muovere contro la Russia trovando la loro rovina. Lo stesso, se ne deduce, per gli Stati Uniti e per tutto l’Occidente.

In queste indicazioni della crisi e imminente fine c’è sempre un eccipiente libero autodeterminatosi nello stesso Occidente. Secondo Spengler consisteva nello spirito di servizio che cortigianamente il popolo osservava verso il potere e somigliava all’arrendevolezza dei tempi antichi: “Nell’antichità si aveva la retorica, nell’Occidente si ha il giornalismo e, invero, al servigio di quella cosa astratta che rappresenta la potenza della civilizzazione, il danaro” (Tramonto dell’Occidente, pag. 62, ed. Guanda).

Decodificando il pensiero di Lavrov altrettanto si dovrebbe vedere nel servilismo americano. Onde poi non capire bene in cosa differisce questo spirito del dominio statunitense dal quello del vecchio blocco sovietico. Ma Lavrov accenna anche all’emersione di un mondo multipolare. Come se la Russia fosse, se non la fautrice, un fattore non ostativo a questa crescita di centri di potere economico e militare.

Eppure la vicenda di un soggetto portatore di dominio si vede perpetrata nell’invasione all’Ucraina dove c’è un invasore e un resistente. Ma chiara sarebbe la risposta di Lavrov a questa obiezione: la Russia è intervenuta a sua tutela contro un’azione di invasione degli Stati Uniti davanti ai loro confini. Ma dimostrerebbe che non esiste ancora questa multipolarità e che, comunque, l’unico esercito invasore resta quello russo.

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