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sabato, Aprile 12, 2025

Pechino coi controdazi

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Il segatore contro le donne

La Presse riporta la protesta delle donne contro Milei. In migliaia hanno inscenato un corteo diretto al Congresso in occasione dell’Otto Marzo. Se la prendono col presidente argentino perché ha osteggiato politiche contro la discriminazione.

Buenos Aires si è così riempita di donne contro l’abrogazione della legge sull’aborto e certamente contro anche la violenza sessista il taglio di misure che accompagnino a gestire una vita decorosa e alle donne rimaste senza lavoro.

La motosega adottata dal presidente neo eletto per tagliare pezzi di Stato oramai imbolsito e incapace di svolgere alcuna azione sociale non guarda troppo per il sottile. Taglia dove gli dicono di tagliare. Sega i costi dove non emerge un ritorno sociale in economia in termini di ri-immissione nelle attività produttive. E l’aborto non ne ha. La Sanità rimette in piedi un lavoratore e lo induce a rientrare nella catena produttiva. L’aborto è un servizio che si evidenzia con un costo – secondo quanto debbono aver detto a Milei. Ben lontano dal poter esser considerato un emblema di pianificazione sociale da inserire addirittura in Costituzione, come hanno fatto i francesi.

E allora tagliare, tagliare! … L’unico problema è che Milei deve stare ben attento dal fattore femminile. In America Latina le donne mobilitate hanno sempre fatto paura a qualsiasi governo in carica, anche di caratura assai poco liberale.

Se Milei ha messo a segno alcuni primi risultati dimostrando di poter essere un emblema per il neoliberismo mondiale, potrebbe inciampare proprio quando va a intaccare diritti acquisiti nel mondo femminile.

Gli argentini votandolo hanno di fatto detto no ai sussidi Statali. Ma alcuni servizi della Sanità fanno parte di standard minimo di vita al quale nel nostro modello di società non si può rinunciare.

Pittoresco l’aggancio al dollaro. Plauso per la limitazione delle operazioni della banca centrale e anche per il dimezzamento dei ministeri.

L’Europa, e l’Italia in essa, si configura come il luogo nel mondo dove è maggiore l’assistenza sociale dello Stato e dove è più bassa la crescita economica. Davanti al demone della crescita, quindi, va sacrificato tutto. Anche la propria esistenza in vita oppure l’obbligo affinché sia pur a discapito della vita di chi vive già.

Se la crescita è il dogma che però non si vede rappresentato in natura, l’unico modo di evocarlo consiste nel perseguire sistematicamente i tagli alla spesa pubblica. Limitare e rientrare nell’immenso debito pubblico. Il dilemma che resta aperto consiste è sul come fare, quale voci aggredire, tagliare, ridimensionare.

Una rivoluzione culturale per un paese che vuole uscire dall’egida dei sussidi pubblici, sia per motivi di povertà individuale che per motivi di stagnazione di settori produttivi, deve pur trovare.

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