A Bari il campo largo intende candidare un altro magistrato. Dopo l’esperienza discutibile di Emiliano, lo scossone, delle inchieste della magistratura sui presunti casi di corruzione per acquisto di voti, ancora si ripete lo stesso refrain.
E non si capisce l’ostinazione del mondo della sinistra verso la compagine della magistratura che, pur vestendo un ruolo da pilastro per la tenuta costituzionale dello Stato, ne rappresenta un altro versante.
Non si capisce questo feeling continuo con la magistratura. Se trattasi della paura di essere giudicati o il sentimento di sentirsi giudici. Oppure né l’uno né l’altro. Stabilire un patto sociale che possa servire in momenti di rovescio di fortuna come questo, in Puglia.
È il vizio di sentirsi giudici. Che è diverso dall’attitudine a cambiare, rinnovare, migliorare. Sentirsi giudici non ti mette in discussione. È il giudice che rettifica il mondo, lo corregge, per rimanere, in definitiva sempre uguale. Non si capisce dove sia la spinta innovativa in tutto questo. C’è un io ipertrofico che pontifica sul mondo, vuole modificarlo a sua immagine e somiglianza. Ma è questa ricerca del due, tra il proprio sé e il mondo, a comportare la perversione originaria. Ed è questa continua rincorsa del rispecchiamento nel mondo ad offrire una pessima immagine di sé. Ci si accorge che il rispecchiamento del mondo già c’è. Ma non nel primo senso di quell’io che si afferma sul mondo. Bensì ci si accorge che è quel mondo il loro io. Gli somigliano molto più dell’ideale immagine di sé in origine. Di qui, la crisi. Non accettando neanche la fragilità arriva la reazione repressiva. Arriva il Terrore: la mannaia che vuole amputare le parti, le articolazioni che sbagliano – dato che è assodata l’identità tra sé e il mondo fallace.