Ci chiediamo dove sia andato a finire il liberale Sallusti che chiede più carceri. Quindi più costi per lo Stato a fronte di zero rientri, tantomeno quelli sociali. Perché “il carcere è l’università del crimine e il più delle volte il processo è irreversibile” come scrivevano Giulio Salierno e Aldo Ricci in una lunga trattazione dedicata al problema è pubblicata da Einaudi: Il Carcere in Italia.
Ci fa specie sia detto da lui che ha lambito le patrie galere per un banale presunto reato di stampa e di libero pensiero. Perché questo è l’Italia! Non altro. Non il paese del trionfo del Diritto e l’affermazione dei diritti, quindi delle libertà.
Ci chiediamo cosa avrebbe detto il nume Silvio che ha evitato la galera solo per il fatto di Essere Silvio.
Oramai è concetto condiviso che il vero standard di libertà di un paese si determina dalla funzionalità degli ospedali e delle carceri.
Sugli ospedali, transeat. Sulle carceri, il nodo del contendere. Siamo ancora sicuri che il sistema di contenzione è pena della percentuale di popolazione deviante sia contenibile attraverso l’isolamento fisico dal resto della società? Come se i devianti fossero l’elemento inquinante che se estromesso dal resto del corpo sociale consente a questo ultimo di sopravvivere. È una cognizione superata sulla quale ricerche come quella di Foucault in Storia della Follia in cui il problema psichiatrico si può leggere in pendant a quello della devianza sociale.
Il nodo centrale è che lo schema di relazione è dipendenza (devianza in quindi la società) va del tutto rovesciato. Piuttosto è la società con o suoi squilibri e i suoi schematismi a creare la devianza sociale, onde poi porsi l’obiettivo di isolarla perché inquinante.
La cura quindi non può essere più carceri, sic et simpliciter. Chiaro e, d’altra parte, che il sistema non risponde alle necessità espresse dal lavoro di esercizio della giustizia reale.
Ma il problema, quindi l’occasione, non è adeguata per comprendere meglio i motivi per cui si finisce affidati presso le patrie galere?
Il giornalista Sallusti conosce bene i numeri attestanti il dato dell’ingiustizia detenzione. Si potrebbe evitare di replicarli pedissequamente? C’è qualcosa di malato nel nostro ordinamento? Siamo ancora convinti che il buttare in cella una persona per cercare le prove per cui sta là dentro sia un buon sistema?
Abbiamo letto per anni di un sistema criminale organizzato per cui è stato utilizzato il termine “Mafia Capitale”. Ora leggiamo che si trattava di in sistema di corruttela becero, facente parte della vacatio di un corretto funzionamento del tutto, riguardante questa metropoli. Però si è detto: Mafia Capitale.
Non era “mafia” e non riguardava esattamente Roma in quanto capitale. Chi paga per questa demagogia? E come paga? Con la galera?
Il tutto per riportare al senso profondo delle disfunzioni attualmente presenti. E sono tante. Concentrarsi sulla parte estrema della loro fenomenologia è un errore di metodo oltre che il fattore di disfunzione di nuove aberrazioni sociali.
Ci pensi bene Sallusti. Ma ci pensi anche il legislatore. Ci pensi il governo in carica. E decida cosa vuole essere: liberale (pur di destra) o repressivo e forcaiolo.