La riedizione del film di Quentin Tarantino a trenta anni dall’uscita nelle sale cinematografiche propone un’attenzione mediata ai messaggi lanciati dal film a profusione. Va detto che uno dei motivi di grandezza della sceneggiatura e della sua realizzazione sta nei testi. I dialoghi fanno sempre la differenza e soprattutto la mancanza di una voce parlante al di là del racconto esplicato nelle scene. Segno di una sceneggiatura molto ben costruita ed efficiente per delineare ogni aspetto della linea narrativa, anche molto complessa.
Ci si chiede per quale ragione un’opera resista nel tempo e si rafforzi ulteriormente al vaglio della Storia. La risposta varia sempre ma nell’esempio del classico di Quentin Tarantino potrebbe essere ascritto alle diverse letture parallele.
Secondo una visione tutte le vicende intrecciate tra loro affermano la vittoria del destino hegeliano presente in ciascuno dei personaggi. Ma ad essere premiata è la virtù eroica e divina di colui che si determina sugli accadimenti senza farsene travolgere.
Ed è per questo che Butch si salva da una miriade di sciagure incombenti nelle quali si mette per la sua determinazione di uscire vincitore dai contrasti in cui si trova. Vincent paga la dimensione di persona che pare trovarsi quasi casualmente nelle situazioni in cui sta e nella testa sta ancora in Olanda da dove viene. Jules ha la schiena dritta di riferirsi a qualcosa di più grande della dimensione umana e proprio riferendosi a una legge divina tutta nella sua testa riesce ad uscire almeno vivo dal turbinio di vicende. Il terribile Marcellus, condito con un consapevole punta di razzismo per il colore della pelle, conosce l’umiliazione e deve esercitare il perdono che non è mai stato nelle sue corde. Wolf che risolve problemi ci ricorda quanto in questo mondo così scombinato esistano delle regole dalle quali non ci si può sottrarre.
Nell’intrecciarsi delle vicende (è proprio il caso di dirlo) c’è un continuo contrasto tra l’ananke , la greca necessità dettata dal fato, e il caos, la continuazione – sempre greca – della mancanza di ordine sotto il mondo.
Ma a vincere è il Kairos. Il senso del momento opportuno. Non ci sono regole per le cose. C’è invece la capacità di saperle interpretare nel momento e nelle condizioni in cui si presentano agli attori della scena.
Altri rapinatori non rinuncerebbero a una valigia piena di soldi, ma il rapinatore davanti all’esposizione della situazione data da Jules capisce che c’è una linea opportuna da seguire: prendere quanto quella situazione specifica gli potrebbe dare. Il semplice portafogli deve bastargli. L’intera valigia potrebbe costare la vita a lui e a molti altri accanto. Butch gioca al rialzo ogni volta, scommette su di sé, azzarda moltissimo in un mondo dove ci vuole un attimo per passare la mano. Lui coglie l’attimo ogni volta e riesce a spuntarla sulla fiducia della componente caotica delle vicende in cui è intriso ma anche su un senso profondo di giustizia per cui si muove. Vincent paga il fatto di abbassare l’attenzione in una situazione in cui è militarmente impegnato. Ha le sue giustificanti perché di stress ne ha vissuto ma non gli sono sufficienti per cavarsela anche questa volta.
Ed è tutto troppo improbabile per essere vero. Ma è per questo che piace. Perché Pulp.