La sicurezza è una percezione. E migliora. La percezione, non la sicurezza che come dato è irrappresentabile perché impossibile da quantizzare in numeri. Semmai può essere evidenziato attraverso il rapporto delle aggressioni, morti o accadimenti determinati da mano violenta. Ma i numeri elaborati non riusciranno mai a compendiare, o mitigare, oppure ad incentivare un sentimento che è nelle cose. I numeri possono dare solo oggettivazione a un sentimento diffuso. E non sempre ci riescono. Diverso è il caso, e questo di questo report lo è, quello per cui si chiede il parere direttamente alle persone e in chiave statistica si cerca di desumere quale sia il livello di presunta sicurezza o relativa insicurezza vissuta nei propri ambiti di appartenenza.
In linea generale si può dire, l’Istat ci dice, che è migliorata la percezione di sicurezza dei cittadini. Questo è un dato importante che i rappresentanti di governo potrebbero sicuramente vendersi come risultato della propria azione di governo sulle cose di ordine pubblico.
Sta di fatto che dalle risposte delle persone, proprio in consonanza con l’ingresso del governo Meloni, “nel 2022-2023 è aumenta la quota di cittadini molto o abbastanza sicuri quando escono a piedi nella propria zona ed è buio (dal 60,6% nel 2015-2016 arriva al 76% della popolazione)”. (Lo dice sempre l’Istat). Cosa più importante è quella desunta successivamente e cioè che “il 19,8% delle persone, di sera, cerca di evitare situazioni o luoghi che ritiene a rischio e il 12,6% preferisce non uscire per paura (rispettivamente 28% e 23% nel 2015-2016)”.
E in modo immediatamente successivo si determina la considerazione importante per cui “in riferimento alla propria zona migliora la percezione del rischio di criminalità (20,3%) e diminuiscono le persone che vedono situazioni di degrado sociale e ambientale. Resta stabile la preoccupazione di subire reati tranne che per il furto in abitazione (in diminuzione di circa 16 punti percentuali)”.
La ricerca non riporta però le ragioni per cui meno persone hanno timore di uscire la sera e di tornare a casa nel loro quartiere. Ma c’è una considerazione importante che guarda all’eccezione della sfera inerente la violenza sessuale. “Nonostante il sentimento di insicurezza sia in diminuzione, secondo il rapporto Istat cresce la preoccupazione di subire una violenza sessuale. Il 35,8% teme, per sé o per i propri familiari, di essere vittima di qualche forma di abuso sessuale, una percentuale che rispetto al 2015-2016 è aumentata di 7,1 punti” (Ansa).
Si entra nel parossismo statistico – cioè nella battuta da taverna come reazione – quando si scrive che “le donne sono più preoccupate degli uomini delle violenze sessuali: il 38,9% contro il 32,3%”. Che dire? Non sono opinioni. Sono numeri.