La lezione francese che arriva da Marine Le Pen potrebbe tradursi in un caso di scuola politica, solo che gli esiti sono tutti da determinare. E prima di emettere la sentenza che rimanda ai posteri si vuole cogliere il senso del rifiuto della ragionevolezza nell’azione politica con la finalità di colpire l’avversario e prepararsi alle presidenziali. Così è fatta Marine!
Eppure avevamo assistito alle elezioni francesi come non fosse stata sufficiente la grande affermazione di Rassemblement national per riuscire a formare un governo diretto dalla destra francese. La sua leader aveva invece scelto un ruolo di non belligeranza nel mettere insieme la maggioranza un poco rabberciata tra identità politiche completamente diverse.
Si era detto che aspettava la grande scommessa delle presidenziali. Ma in politica bisogna anche stare attenti. Si deve prendere il treno quando passa. In un’altra situazione, in mutata condizione di forze avrebbe potuto perdere il momento lasciatosi alle spalle.
In questa ultima circostanza si è capito che Marine Le Pen non è un soggetto politico da più miti consigli. Ha infatti preferito lasciare Michel Jean Barnier di braghe di tela piuttosto che tendergli una mano facendo passare decreti che avrebbero portato anche il suo contributo. Ha votato invece le mozioni della sinistra facendo trovare sotto il primo ministro francese. Ha utilizzato una condizione politica di rapporti di forza punendo Barnier per aver preferito altri interlocutori politici a lei. Mentre i rapporti con la sinistra si sono inevitabilmente deteriorati.
Con la conversione dei voti della destra radicale sulle mozioni della sinistra sono un fatto nuovo, mai accaduto nei governi precedenti. Ma la posizione di Barnier è maggiormente precaria dei suoi predecessori. Ha 211 deputati e ce ne sono altri 249 da convincere ed è una missione impossibile.
Prima Le Pen ha iniziato a rivendicare obiettivi impossibili da raggiungere. Barnier avrebbe dovuto capire ma non l’ha fatto. Ha trattato ma con scarsi risultati. Non ha calcolato che l’obiettivo di Le Pen era dimostrare nei fatti, oltre che nei numeri già a conoscenza, il governo in carico era ed è dipendente dai voti anche di Rn. Ha rinunciato quindi a farsi bella nel rivendicare il suo contributo sul ridimensionamento delle imposte sull’elettricità – eppure consisteva in un obiettivo dichiarato dal partito di destra francese.
La crisi evidente del governo in carica vale molti franchi in più del risparmio sulla bolletta dell’energia elettrica – deve aver pensato Marine Le Pen. C’erano sul tavolo anche altre proposte come il rimborso sui farmaci e il rinvio sulle indicizzazioni delle pensioni. . Ma Le Pen aveva anche un’argomentazione strutturale. I risparmi che avrebbe ottenuto sarebbero stati caricati sul deficit ed è una condizione che non può essere accettabile.
In cambio della resa armata di Le Pen, Bernier era pronto a riconoscere alla destra il diritto di accedere ad incarichi pubblici a carattere governativo. Ma anche il contentino non è bastato a Le Pen. Ha votato la censura mettendo così il governo “sotto sorveglianza”. Non ha abbracciato neanche la mediazione di astenersi. Soluzione che in democrazia salva capre e cavoli: consente di evidenziare la tua differenza e in contempo al paese reale di andare avanti.
Ed è così che col bilancio da approvare nessuna imposta potrà essere rivalutata a vantaggio dei cittadini. Le elezioni presidenziali ci saranno nel 2027 e lei vuole evitare ci sia qualcuno che prenda la sua eredità con lei in vita. Affermare virilmente la sua piena leadership nella destra francese. Ma potrebbero esserci anche le dimissioni di Macron, anche se difficile come possibilità. Ma è anche vero che Macron potrebbe effettuare il sorpasso a destra avocando a sé i poteri di approvare il bilancio. Può farlo applicando l’articolo 16 della Costituzione. Un modo per farsi accreditare poteri eccezionali al fine di governare la crisi.