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giovedì, Aprile 10, 2025

“E poi uscimmo a rivedere le stelle”

La lezione di re Carlo III

‘Tutti mi chiamano per baciarmi il c…’

Guerra di dichiarazioni a compendiare la guerra di valute

“Levateje er vino!”

La bozza dei controdazi europea manca di alcuni elementi che si ritenevano insostituibili. Perché?

Così vicine così lontane

Piazza del Popolo 26 marzo, Fori Imperiali 5 aprile. Non è nuovo a dividersi il mondo della sinistra e una questione come il paventato ritorno a una condizione di preparazione alla guerra non può che sollecitare sentimenti contrapposti.

In termini di affluenza ha sicuramente prevalso la manifestazione del 5 aprile. Le ragioni sono semplici. Aveva un obiettivo oggettivamente molto più idealistico ma chiaro e netto. Diceva un forte no e altrettanta visione di prospettiva. Il “no” era alla proposta di lavoro di dotare, ciascun stato europeo, di rafforzare la dotazione militare ma anche tecnologica se finalizzata allo scopo della sicurezza nazionale. Diceva un forte sì a una cultura della pace e un’esortazione alla distensione. Questo tipo di impostazione vertono sull’affermazione forte, valoriale, incondizionata, della pace come valore da applicare senza “se” e senza “ma”. E comunque la si pensi debbono essere recepiti con rispetto.

Nella manifestazione del 26 marzo a piazza del Popolo si chiedeva al mondo progressista di destarsi dal torpore, ma non si riusciva a dare dei chiari messaggi inequivocabili. Non si dicevano dei no e dei “sì” tali da poter rappresentare effettivamente un’opzione politica. Il clamore era dato dalla più recente presa di posizione della commissione europea in cui un personaggio non eletto da nessuno, come Ursula van der Leyen, si era presa la briga di annunciare un cambio di rotta e un maggiore protagonismo dell’Unione Europea in relazione alle altre grandi potenze, ma nel merito specifico della dotazione autonoma, in ciascun stato, di armi. Chi scendeva in piazza il 26 marzo era contrario a Ursula? Oppure contemporaneamente votava il riarmo come tristemente necessario e in contempo si asteneva?

La maggiore chiarezza della manifestazione a Fori Imperiali ne ha determinato il chiaro successo, anche se gli obiettivi erano dichiaratamente utopistici e un poco velleitari. (Tutti sanno che parlare di pace come incondizionato serve ad esprimere un valore ma non indica una metodica e un indirizzo sul fare).

In più nella manifestazione del 5 aprile c’era un altro omissis. Non si è espressa una parola chiara contro il paese aggressore, la Russia, non si è opposto nulla al suo presidente: Putin. Non si è spesa una parola di solidarietà vera e profonda per chi combatte per la propria libertà, gli ucraini. Troppo dimenticanze per benedire quel successo come vero. Etichettare quella manifestazione come di putiniani sarebbe un errore. Ma se si parte dal presupposto che in politica non contano le petizioni di principio ma quello che determinano effettivamente le proprie azioni un pensierino arriva.

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