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L’incostituzionalità del terzo mandato

Non doveva neanche essere formulata la richiesta. La impossibilità di fare il terzo mandato fa parte integrante della misura democratica: consentire il ricambio di persone, ancorché di schieramenti, progetti e energie da infondere all’interno dell’amministrazione pubblica.

In tutto questo però c’è il non detto del fronte burocratico della struttura che si amministra. Prima di prender possesso pieno delle attività e capire come funziona la macchina dal punto di vita delle leve di comando passano almeno due anni. Quando si è entrati nei problemi, al netto delle difficoltà oggettive, si deve fare una nuova elezioni e trovare la conferma dell’elettorato. Una volta rieletti, cosa non scontata e non senza sconti, si continua col corso amministrativo i cui benefici frutti e le due attività messe in campo si vedranno solo alla fine. Per tanto, la necessità da parte dell’eletto di fare un altro mandato.

Ma tutto questo va contro la possibilità di innervare nuove energie, nuove progettualità, dare a nuove spinte la possibilità di affermarsi. In più se il primo corso è vero, al netto dell’ottimistica versione data sopra, va anche considerato il fatto che ogni gestione presenta dei vizi di forma e delle storture che solo il nuovo ingresso può correggere.

Ed è per questo che la legge è stata scritta in modo che non fosse lontanamente possibile effettuare un ulteriore mandato. C’è una necessità di ricambio che fa parte delle funzioni democratiche e c’è la consapevolezza del ripercorrere delle stesse storture di cui soffre l’apparato burocratico presente. Se la classe dirigente di un’amministrazione perpetrasse sé stessa per più di otto anni sarebbe, di fatto, avviare la professione di amministratore pubblico con tutte le storture e i pericoli di facilitazione di clientele.

Qui non vale il detto per cui: ‘se abbiamo trovato un amministratore bravo perché cambiare?’ Il politico non è un professionista che viene pagato a progetto. Si pone come espressione, giusta o sbagliata, condivisibile o meno, di un mandato dato dalla gente.

Eppure nel nostro paese fa discutere la sentenza più ovvia di conferma data dalla Corte Costituzionale. Dichiarato incostituzionale il terzo mandato in Campania. Quindi fattualmente non sarà consentito al governatore Vincenzo De Luca di ricandidarsi alla presidenza della Regione. Indipendentemente dai suoi meriti.

E non è del tutto ironica la dichiarazione di De Luca. Perché tocca il problema dell’abbassamento di ruolo del presidente in relazione alla struttura che avuta certezza della non conferma potrebbe lavorare seguendo ritmi meno intensi.

“Dopo il pronunciamento dell’Alta, anzi Altissima, Corte, si apre in Italia una stagione politica di alto valore ideale, morale e istituzionale…. Ma nessuno si faccia distrarre dal lavoro!”. E segna le cose da fare. Punti operativi – primo, le liste d’attesa in sanità. E per dare invece una scossa alla macchina burocratica afferma la richiesta di aggiornamento mensile dell’agenda dei lavori.

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