IL processo è già mediatico. Si basa sulle informazioni che riescono a trapelare dagli organi di informazione e come queste stesse informazioni trovano decodifica semantica. Oscuro il quadro di acquisizioni di danaro diretti al partito o alla persona (in definitiva oggi sono la stessa cosa). Ma soprattutto stabilire se queste elargizioni siano a titolo di compenso per il servizio o di sostegno liberal democratico alla politica intesa come servizio.
Tutto appeso al riascolto della deposizione del figlio di Spinelli. Roberto, figlio di Aldo, interrogato dai piemme ha parlato di continue richieste che arrivavano da Toti al padre e di elargizioni da parte di quest’ultimo finalizzate al finanziamento.
Qui entra il problema. Dopo Roberto Spinelli, dalla prima trascrizione pare abbia detto, “illeciti”. Riferito ai finanziamenti. Ma poi ritrattando o rettificando dice di aver detto “leciti”.
L’obiezione che gli arriva dai partigiani dei piemme è che se fossero stati leciti non ci sarebbero stati motivi per specificarlo. Diversamente, se “illeciti” va ammesso e chiarito, di qui il senso della deposizione e insieme di tutta l’inchiesta della magistratura inquirente.
Ma usare l’espressione “leciti” invece avrebbe senso perché nel contesto inquirente dei magistrati è bene chiarire si trattasse di risorse indirizzate con evidenza e legittimità. Va chiarito perché ci si trova in un contesto di indagine dove si vuole capire proprio questo. Non si tratta di una conversazione tra amici.
Quindi, dire “leciti” e chiarirlo giustapponendolo alla parola “finanziamenti” si pone come passaggio obbligato nel contesto descrittivo delle operazioni in corso tra il presidente della Regione Liguria e l’imprenditore portuale.
In ogni caso fanno sapere che qualunque sia l’esito del riascolto della deposizione la trascrizione definitiva non cambierà il quadro per l’imputazione di corruzione anche a carico del Governatore.
Quindi se le parole di Roberto Spinelli hanno un valore – tanto che c’è attività di verifica per la corresponsione grafo-semantica di quanto espresso – il capo di imputazione resta lo stesso. Da una parte questo è comprensibile perché l’architrave di un capo di imputazione non può reggere sull’ammissione o non ammissione, quindi interpretazione, di quanto dichiarato da uno degli interrogati.
D’altra parte emerge sempre più un impianto accusatorio costruito su una rete indiziale fatto di telefonate con parole scomposte, fuori luogo e altrettanti comportamenti. Al momento non ci sono notizie di atti effettivamente contro-legge.
Toti come ogni amministratore obbligato dai tempi della macchina amministrativa e messo alla corda dai tempi della realtà d’impresa, fa come fatto tutti coloro che stanno a capo di un’amministrazione pubblica. Cerca di pungolare, stimolare, fare pressione perché le questioni si risolvano. Il più delle volte con scarso successo. Tutto da vedere se le questioni di cui l’amministratore pubblico si fa promotore non siano già investite da diritti acquisiti per cui anche la pressione è giustificata dal fatto che l’interesse pubblico ne verrebbe a perdere se l’impianto potenziale venisse a mancare. Altrettanto da dimostrare che ci sia un co-interesse personale da parte dell’amministratore pubblico.
In questo gioco di rilettura e pubblicazione delle trascrizioni si formano le diverse fazioni politiche tese a giustificare, spiegare o stigmatizzare certi comportamenti. Pratiche da censurare a colpi di sentenza penale, da una parte, gestione comunemente praticata in ogni dove nel nostro paese, dall’altra. La separazione è più tra comportamenti verbali e quelli praticati che quella fondata su un diverso senso etico.