Una parola all’ordine delle cose durante la Prima Repubblica ma che è diventata tabù per Giorgia Meloni. Non vuole intralci e cambiamenti di personale interno perché poi creano altre recriminazioni e altre ancora all’infinito. E poi è vero che in una verifica, se è verifica veramente, sai come entri non sai come ne esci.
La parola giusta forse si deve trovare ma, certo, una rettifica va comunque imposta all’andamento di rotta in cui un ministro e un deputato importante dice del proprio ministro agli Esteri che ha bisogno di aiuto.
Se vero è alcune cose nell’assetto vanno verificate e a dirlo non è la solita opposizione ma fonti interne allo stesso governo. Tale quindi la necessita di una “verifica” o “rettifica” che dir si voglia.
Potrebbe essere un momento giusto per selezionare meglio il proprio personale alla guida del Palazzo più ambito d’Italia se è vero, come è vero, che l’opposizione nel nostro paese non è mai stata così scomposta e disuguale.
In un articolo sul Corriere della Sera Panebianco evidenzia come negli altri paesi in questa situazione critica, forse pre-bellica, le opposizioni sostengono il governo in carica – succede nel Regno Unito con Starmer ma anche in Germania – mentre in Italia c’è grande frammentazione.
La risposta neanche tanto a ben guardare c’è. Il governo in carica non ha espresso una posizione unilaterale a sostegno di valori imprescindibili come la pace, l’Europa o la distensione internazionale. Il governo in carica si è preso la briga di flirtare col primo neonato avversario dell’Europa unita mostrando una grande disuguaglianza nel contesto dell’Unione, tanto più perché veste sempre i panni di paese fondatore. Sempre nel governo invece c’è una forza che pare flirtare con la Russia di Putin.
Un panorama abbastanza indigesto per consigliare di fare quadrato a una qualsivoglia forza di opposizione.