L’analisi del fiabesco ha impegnato diversi grandi intellettuali. Paola Cortellesi nel suo discorso alla Luiss del 12 gennaio non poteva essere da meno.
Da una parte è facile rovesciare il modulo di uno schema fortemente introiettato perché è sufficiente rivedere una sola componente e il meccanismo si ribalta. La regista vuole spingere alle conclusioni in cui, alla Bill Gates, predica a ciascuno di pensare con la propria testa cercando di determinare il proprio futuro e non farsi determinare dagli eventi o dalle aspettative. Un po’ “siate matti”. Ma più moderata.
Nel rilevare per l’ennesima volta nelle letture caricaturali il maschilismo di questi racconti però evita di dire che in fondo è il boscaiolo a salvare la sventurata dall’ordine impartito dalla regina – la più bella del reame – a salvare la vita. Sempre uomini, i nani, ad accoglierla in casa, anche se non si capisce bene se le misure di compensazione di limitassero allo svolgere le faccende di casa. In entrambe i casi sono i due principi a salvarle. In fondo, sono loro a modificare il corso degli eventi consentendo a Cenerentola e Biancaneve di modificare il percorso della loro esistenza altrimenti grama. E qui – si dirà – ancora il maschilismo.
Ma anche la trattazione del rapporto con altre donne rende un quadro decisamente avverso all’elevazione della figura femminile.
Cortellesi però non capisce, ed è grave, la circostanza della verifica del piccolo piede nella scarpa perduta da Cenerentola. Giustamente al principe non è sufficiente guardare il volto della ragazza perché il contesto di appartenenza ad offrire il senso di bellezza. Non la bellezza pura e semplice.
Mancando quel contesto e non potendolo meccanicamente produrlo per ogni ragazza propostasi alla selezione, il principe deve convalidare una prova fisica. Deve vedere se funziona l’incastro. E funziona!
Ci insegna quindi a non idealizzare dimensioni e contenuti, come invece persevera Cortellesi nel consiglio finale. Piuttosto ad analizzare se funzionano gli inserimenti fisici di un corpo in un altro. E non si tratta di materialismo. Senza le scarpe giuste non si va avanti.
Ed è probabilmente questo che dovevano sentirsi dire le ragazze e i ragazzi della Luiss.